The sad story of “The sad story of a happy clown”

by | Mar 3, 2017 | Uncategorized

Venerdì, 3 Marzo 2017

Girata a Forlì, “The sad story of the happy clown” racconta la storia dell’ossessione di un ragazzo per il Joker, con l’obiettivo di scioccare lo spettatore con una violenza, fisica e psicologica, da condannare. Ma alcune scene del primo episodio sono state censurate…

Al di là della serie, di cui inizieremo a parlare tra poco, questo spazio può essere un interessante spunto per parlare di censura nelle webserie. Abbiamo spesso descritto il prodotto serie web come un qualcosa che si poteva prendere sempre determinate libertà, visto il canale di distribuzione perlopiù autonomo e la natura “alternativa”, che ricerca temi e strutture narrative che vengono snobbati dai mezzi di comunicazione tradizionali.

Dove sta il problema? Il problema è che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’obiettivo di queste produzioni è quello di trovare uno sponsor, un canale di distribuzione che li faccia entrare nel circuito “mainstream”, che li renda sostenibili. E questo con il sacrificio frequente di molte delle potenzialità della webserie. “The sad story of a Happy Clown“, girata interamente a Forlì e distribuita online, è una serie web molto particolare, inquietante, che ci porta nella vita disturbata di un ragazzo con l’ossessione del Joker, la nemesi di Batman.
La webserie, di cui è online il primo episodio, presenta evidenti rimandi alla strage di qualche anno fa ad opera dello statunitense James Holmes che, travestito da Joker, in un cinema di Aurora (Colorado) uccise 12 persone e ne ferì altre 58 durante la prima del film “Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno“.


Il protagonista della webserie The sad story of the happy clown (interpretato da Andrea Petrini) del quale, così come il Joker della DC, non si conosce la vera identità, ci porta per mano nella sua mente disturbata, facendoci partecipi del suo disagio. Un disagio che non viene espresso solo a parole, ma con scene che, sulla carta, dovevano essere crude, violente, disturbanti, con lo scopo di condannare questo comportamento. Chi come me ha visto la versione censurata dell’episodio, noterà che il prodotto è stato ripulito da molta violenza, con stacchi e tagli dove necessario, probabilmente per renderlo più facile da distribuire, più socialmente accettabile.


E qui si chiude il cerchio della nostra breve riflessione sulla censura: non era forse l’obiettivo della serie raccontare una storia che non fosse socialmente accettabile? Una storia di violenza estrema, fisica e psicologica, che smuovesse la pancia dello spettatore? E allora è innegabile che i tagli effettuati abbiano impoverito il prodotto, che resta comunque di ottimo livello, sia per la scrittura che per la recitazione di Petrini, che trasmette bene il disagio del protagonista allo spettatore.

Il problema è che senza quei tagli, forse, non avremmo avuto modo neanche di vederlo l’episodio, visto che è stato distribuito su Facebook e YouTube, che sono la causa principale di questi tagli, per via dei blocchi su determinati tipi di contenuti. E torniamo al punto iniziale: costruire una qualcosa che esce dagli schemi, distribuirlo in questi schemi, con la speranza di raccogliere views e di conseguenza sponsor per alzare la qualità di un prodotto che dovrà poi adattarsi nuovamente agli schemi che voleva trasgredire. Un circolo vizioso obbligatorio per tutte le serie web? Proprio su questo dovremmo riflettere.



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